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Proprietà Trabattoni,
1905 |
"era da principio quest'Isola tra qualche
dispositione di lavoro, e la malagevolezza di altretanta coma, che
ruvido selvaggio la rendeva...".
"...Il Convento commodo, grande, e ben
disposto, che di vaghezza può gareggiare con non puochi di
questa Provincia; cederà forsi nella Circonferenza, perché
occupando tutta quell'Isola, non vi riconosce altro circuito di
Terreno, che la Piazza della chiesa, del resto la muraglia, e l'acqua
sono il suo confine; contiene però Horti, e Giardini bastevoli
al godimento d'ogni verdura, & al ricreamento de' fiori ancora;
ammette di più diverse Piante de' frutti, ma de' limoni,
& aranzi è il proprio il Sito..."
Le trasformazioni
subite da quest'isoletta ci sono poeticamente descritte da Padre
Rinaldi verso la fine del '600 che ci tramanda due situazioni distanti
nel tempo qualche centinaio d'anni. Della seconda descrizione abbiamo,
fortunati noi, una testimonianza quasi fotografica in un affresco
presso il convento di S. Giuseppe di Brescia. Dalla metà
'800 in poi, a testimoniare i cambiamenti, abbiamo delle rare ma
puntuali fotografie, che ci descrivono purtroppo lo scempio perpetrato
ai danni di questa isoletta,ma anche la successiva rinascita. Qualche
notizia storica è indispensabile al fine di poter leggere
correttamente queste immagini e rendersi conto del travaglio storico
subito da questo fazzoletto di terra.
L'isola di S. Paolo entra nella storia nel novembre del 1091, quando
due famiglie, una di origine Longobarda e una Franca, la donarono
ai monaci di Cluny. A causa di difficoltà economiche cento
anni dopo gli edifici e la chiesa erano già in rovina e l'isola
affittata a pescatori. Nel '400 la famiglia Fenaroli, sostituitasi
agli Oldofredi nel controllo del lago, vista l'importanza strategica
del luogo ne fece una base per le loro barche armate e di trasporto.
Con l'avvento della Serenissima e la parziale smobilitazione delle
difese del lago viene ceduta dai Fenaroli ai frati Francescani che,
con il loro durissimo lavoro, riescono a rendere vivibile quest'isoletta.
Siamo all'inizio del '500 e qui avviene il più efferato fatto
di sangue mai accaduto in un convento, vengono "tagliati a
pezzi" nove di tredici frati che vi soggiornavano.
La vita riprende,
non senza difficoltà, benché amati dalla popolazione
rivierasca non tutti i frati si trovano a proprio agio e, per evitare
l'abbandono del convento, le autorità della Provincia Francescana
non trovano di meglio che trasformarlo in un reclusorio per frati
disubbidienti, turbolenti e anche criminali. La storia dell'isoletta
è talmente fuori dagli schemi che anche la chiusura del convento
è anomala. La soppressione dei conventi voluta dalla serenissima
alla fine del '700 non include quello di S. Paolo, ma ne verrà
fatta una permuta in modo che i frati, cedendo l'isola avranno il
modo di riaprire quello già soppresso di S. Francesco in
Iseo. Il XIX secolo vede proprietaria la famiglia Berardelli con
un progetto, quantomeno bizzarro di impiantarvi una fabbrica di
lamiera stagnata. Ai Berardelli seguono le consorelle delle Beate
Capitanio di Lovere, con il loro progetto, questo lodevole, di trasformare
il convento in un lazzaretto.
I progetti si susseguono, la società di Tiro a Segno di Iseo
vorrebbe donare l'isola a Garibaldi e ribattezzarla "isola
Anita". I fratelli Galbiati, demoliscono parte del convento
e trasformano il rimanente in albergo, con scarse fortune, funziona
meglio come casa di tolleranza, subito chiusa dalle autorità,
decretando il fallimento dei Galbiati. Il Trabattoni, un pazzo che
certamente l'isoletta non si meritava, provvede alla totale demolizione
degli edifici, chiesa compresa, prima di far perdere le sue tracce.
Carico di debiti fugge in America dove conosce Basilio Cittadini
di Pilzone al quale vende l'isola.
Con il Cittadini, l'isoletta rinasce, si costruisce una bella residenza
che si trasforma immediatamente in un cenacolo di scienziati e poeti
Premi Nobel, giornalisti, diplomatici, scultori e architetti, poeti
e belle dame, affollano l'isola, è questo il momento di gloria
dell'isoletta. Alla vita travagliata prima e mondana poi, l'isola
di S. Paolo trova finalmente anni di serenità con gli attuali
proprietari, i Beretta.
La villa viene risistemata dall'architetto Dabbeni, si provvede
alla necessaria manutenzione delle mura che trattengono il terreno,
il parco, rinnovato e amorevolmente curato, come dice mons. Falsina
diviene un viridario. Finalmente l'isola vale veramente i versi
che Giosuè Borsi gli dedicò.
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