Prefazione - Don Antonio Fappani
La Pesca
La Rete
La Barca
Agricolutra e Pastorizia
Gli Emigranti
Madonna della Ceriola
Festa Santa Croce
Rocca Martinengo
Isola di San Paolo
Isola di Loreto
   
 
LA RETE


La rete racchiude nelle mani agili e pazienti delle donne di Montisola una storia infinita. Impossibile risalire a quando ebbe inizio questa attività, sicuramente come complemento della pesca, diventò la ragione stessa del vivere sul lago e protagonista principale della storia di Montisola. La semplice e funzionale tecnica del nodo diviene, nella lavorazione delle moltissime e complesse qualità di reti, un capolavoro d'arte.

Peschiera, 1905

Le donne di Monteisola sono state di generazione in generazione le protagoniste principali di una storia che all'uomo affidava la sfida sul lago e alla donna l'abilità di costruire uno strumento indispensabile e determinate per il pescatore: la rete.
La donna ha sempre rivestimento quindi in questo territorio un'importanza determinante, non valeva a Montisola la considerazione che il mondo contadino aveva la femmina, meno muscoli a disposizione, una bocca in più da sfamare un animale dal rendimento inferiore, per il pescatore e il contadino di questo territorio, una femmina rappresentava, una benedizione.
Una casa piena di femmine era un laboratorio che produceva strumenti per un vasto mercato.
Forse le donne di Montisola erano già abili retaie quando intrecciavano reti per la "piscaria di S. Giulia" o forse lo erano ancora prima quando i romani insediati nelle belle dimore sul Sebinius utilizzavano la rete per caccia pesca e battaglie.
L'ago, (la ocia) lo strumento principale per tessere la rete a mano ancora in uso oggi a Montisola, mantiene la stessa forma e gli stessi accorgimenti di quelli rinvenuti negli scavi archeologici a Pompei, ed è presente in vari musei italiani ed esteri fra reperti romani.
L'ago usato dai pescatori nell'Italia meridionale e sulle coste del Mediterraneo ha invece una forma diversa è simile a quello tuttora in uso nel mondo orientale.
Sarà l'archeologia a confermare se con giusta ragione, Montisola, possa rivendicare l'origine di questa attività anche se oggi non è possibile percepirne l'immagine così immediata ed il legame così forte come lo testimoniano queste vecchie fotografie o le descrizioni che le corredavano i giornali dell'epoca "Reti sostenute da pale di remi incrociate, reti appese a tronchi d'albero, reti distese lungo pareti di case sbrecciate. Reti che fan capolino dagli usci delle case, reti che allungano, quasi manti di antiche regine, il loro bianco strascico per le vie, per i vicoli, per le piazzette".
Documenti e citazioni che risalgono al 1400 comprovano che questa attività a Montisola era già affermata e non solo nell'antichità della pesca ma anche per il suo utilizzo nel campo della caccia.
Nel XIII secolo cominciò ad affermarsi la caccia con le "uccellande" e i "roccoli" e si sviluppò soprattutto in Lombardia particolarmente nelle province di Brescia e Bergamo.

Peschiera, 1960

II lago d'Iseo, in posizione strategica all'inizio delle prealpi, si trova in una situazione adatta al momento del "ristoro" degli uccelli che vengono dall'Africa al centro Europa. Queste montagne che si trasformano in colli sempre più dolci, sono da sempre un luogo di passo dove l'uomo era appostato con reti chiamate appunto "brescianelle" o "prussiane", che si diffusero poi notevolmente nel Veneto e in Toscana, procurando una grande domanda di reti, e la risposta era Montisola dove i suoi fabbricatori di reti furono i primi espositori ed esportatori in tutto il mondo.

Peschiera, Loc. Ere 1930

Si legge nella descrizione dell'esposizione a Brescia del 1905 di Arnaldo Gnaga "le fabbriche di reti bresciane oltre che la provincia servono ogni foggia di reti l'Italia tutta, comprese l'isole e la colonia e noi vedemmo non poche commissioni anche per l'estero, fin per le lontane Americhe".
Zanardelli nel 1857 scriveva "Nel Monte d'Isola forse mille persone lavorano instancabilmente di reti, ingrata fatica retribuita con guadagno veramente infinitesimale poiché quella povera gente riceve 5 centesimi per 2400 macchie, cioè gruppi di rete!".
Anche uno dei "mille" che seguì Garibaldi pure in altre battaglie era un artigiano retaio di Montisola che aveva aperto a Bergamo un laboratorio di reti, si legge nella biografia di Bortolo Tomasi"nella nativa isoletta del lago d'Iseo imparò a fabbricare reti di pesca e da uccelli e venne a esercitare il suo mestiere a Bergamo".
La romantica scrittrice francese George Sand che in quel periodo soggiornava a Monte Isola fu sicuramente colpita da questa attività così dirompente, e nel suo romanzo "Lucrezia Floriani" scritto sulle rive del Sebino la sua eroina muore sulla stessa sedia dove da ragazzina tesseva la rete.

Carzano, 1964

Erano le mani delle montisolane che tessevano le reti per le tenute di personaggi famosi: papi, rè, nobili, anche il Manzoni che aveva i "roccoli" a Lecco, si riforniva di reti presso gli artigiani di Montisola In Valtrompia e in Franciacorta vi erano le uccellande dei nobili bresciani, di vescovi e cardinali (a Nigoline vi era la brescianella del vescovo Bonomelli).
Oltre che curare tutti questi grandi impianti, i reticiai ritiravano dopo la stagione le reti rotte che rammendatrici montisolane sapevano riparare sapientemente. La produzione di reti da caccia e pesca si sviluppa rapidamente, esce dai confini lacustri e da quelli italiani.
Nel "700" "800" e nel periodo di queste significative immagini, la popolazione di Monte Isola sembra essere quasi tutta completamente occupata nella tessitura delle reti. Ogni famiglia era un laboratorio.
In primavera ed estate la piazza, la strada diventavano il luogo dove, posate sedie e tavoli, si lavora tutti insieme.
Le fibre utilizzate erano quelle naturali: cotone, lino, canapa, a volte le reti molto grandi occupavano l'intera piazzetta del paese.
La rete diventa così l'elemento principale che lega fin dal loro sorgere le piccole comunità di questo territorio. Soli su un isola con gli stessi problemi di sopravvivenza, gli abitanti avevano costituito tre gruppi socioeconomici ben distinti con modi di vivere diversi e differenti rapporti con il lago. A Carzano e Peschiera il lago, le barche erano le porte di casa, fra barca e casa non c'era distinzione, la vita si svolgeva a stretto contatto con l'acqua.
I minatori delle frazioni a mezza costa che si recavano nelle cave di Tavernola e Sarnico, erano anch'essi dipendenti dall'acqua che attraversavano ogni giorno sui i loro barconi a quattro remi, ma quello era un rapporto quasi ostile, così pure quello verso i pescatori. I contadini che costituivano i restanti sei paesi sparsi sulla montagna, attraversavano il lago raramente, i loro rapporti con i pescatori riguardavano lo scambio dei prodotti agricoli con il pesce.
Il filo che univa queste piccole comunità era quello annodato dalla rete. Tutti ne erano esperti tessitori, uomini e donne, tutti avevano uno strumento comune: l'ago.

Peschiera, 1962

La rete legata ad un bastone, si poteva fare mentre, seduti su grossi sassi o muretti si guardava pascolare gli animali, oppure si portava nei campi una seggiolina (scagnina) dove si arrotolavano le nasse (i barteèi) a due o più inganni, le lavorazioni più facili da trasportare. Quando era possibile, insieme si lavorava meglio: le mani, le dita, erano agilissime nell'annodare il filo che scorreva dalle matasse (mesane) avvolte sul tornèl e i gesti così normali e quotidiani erano interiorizzati. Si imparavano quasi per gioco fin dalla più tenera età ed era difficile dimenticarsene.
Le reti finite si portavano nei laboratori di Siviano, Peschiera e Carzano, dove si ritirava il filo, le strette mulattiere che collegavano le frazioni di Monte Isola erano così sempre movimentate montate da carri che trasportavano non solo fieno e letame ma soprattutto filati e reti finite. Anche i bambini erano un mezzo di trasporto sempre in movimento carichi di matasse di filo o di reti finite.
Questi frequentissimi scambi di filo-rete avvicinavano sempre di più queste piccole comunità in una specializzazione che era stata e continuava ad essere la loro storia, impedendo un isolamento che poteva essere più profondo di quello creato dall'acqua.
II legame creatosi così tra i montisolani e la rete diventa molto più importante dei risultati economici anche se questo tipo di attività rappresentò e rappresenta ancora una si sposta economica non indifferente.

Siviano 1952, tre generazioni intorno allo stesso tavolo

Sulle porte delle case, presso le barche dondolanti, lungo le viuzze strettissime e sulle intere piazzuole di tipo veneziano, vedo numerose famiglie, con le nonne e i nonni, in testa a rozzi tavoli e donne, bambine, ragazzetti, intenti a tesser reti, ad aggiustarle, a rammendarle, a districarle, ad asciugarle, a stirarle, ad armarle, a tingerle.
La loro casa è lì vicina, spalancate finestre e porte, vuota, come disabitata. La famiglia è al lavoro dalle cinque del mattino; e quindi non ci sono turni. Saranno cinquanta persone tra vecchie, adulti e piccini. Il regiù, il reggitore, il capoccia, lo chiamano scherzosamente "Cadorna". Salvo le mezz'orette per i pasti molto sobri, tutti lavorano fino a sera; e circa la metà anche dopo cena fino a mezzanotte. Il lavoro è arduo, minuto: occhi fissi, dita agilissime, schiene curve, rapidità incredibile nel maneggio delle forbici per tagliare nodi e fili e cime". Questa descrizione dello scrittore bresciano, Arturo Marpicati, nel 1953 rende efficacemente l'atmosfera che si creava intomo a quei grandi tavoli dove tante donne di ogni età si radunavano a lavorare; si parlava mentre le mani sveltissime annodavano matasse di filo e scorrevano reti, scorrevano così anche avvenimenti storie pubbliche e private, trasformando una piccola piazza, uno slargo, una strada, in un luogo socializzante favorendo una forte coesione sociale.
La produzione di reti con il passare degli anni cambia, mutano anche le tecnologie e l'artigiano che ha ormai trasformato il laboratorio in fabbrica acquista macchinari sempre più nuovi, i materiali usati non sono più naturali, vi sono filati più resistenti come il nylon, vengono realizzati prodotti nuovi non più al solo uso della caccia e pesca, vi sono richieste di reti ad uso sportivo, protettivo, ricreativo e anche mimetico. Il sapere partito dalla pesca diventa così un'industria che impone il suo prodotto a livello internazionale. L'artigiano comincia ad intravedere i limiti di un'isola sempre più "stretta" e desiderare il trasferimento sulla terra "ferma" in posti più comodi per le operazioni di trasporto; così a fine XX° secolo i retifici cominciano ad allontanarsi dall' "isola delle reti" e inizia un pendolarismo femminile prima sconosciuto.
Oggi rimangono sull'isola imprese artigianali che puntano su una particolare specializzazione nel settore delle reti contando sulla qualità del prodotto e sfidando ancora la concorrenza sui mercati europei ed extra europei, riescono a mantenere a Monte Isola una tradizione lavorativa e una risorsa occupazionale importante.

Peschiera, 1955

La tecnologia non ha cancellato il lavoro a mano con l'ago e il modano (la ocia e il mödèl) e la specializzazione della manodopera femminile che mantiene una centralità insostituibile in una storia di lago che continua.

Di Rosarita Colosio

Le Lezioni private di "Mare", Menzino 1959

Carzano, anni '40

Carzano, anni '30

Peschiera, 1952


Peschiera, 1951

Reti stese al sole sul lungolago di Peschiera, anni '60

Reti stese al sole sul lungolago di Peschiera, anni '60

Siviano, 1963
Olzano 1955
Nonna Zugni Pasqua, 1910
Cure 1939
Carzano 1963
Siviano 1963
Cure 1939
La "Biundì" Cure, anni '60
Peschiera 1945
Peschiera 1953
Siviano 1956
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